Negroni, Gin Fizz, Martinez, Gin Rickey, Red Snapper, Tom Collins, White Lady, Hanky Panky… Se siete amanti dei cocktail classici, sapete già cosa hanno in comune: per raggiungere la preparazione perfetta, non possono fare a meno di un gin di alta qualità.
I cocktail a base gin sono sempre più richiesti, anche grazie a una filosofia in espansione, che tende ad aumentare la ricercatezza e la qualità di ciò che si beve. E se i clienti sono esigenti, i bartender devono avere abilità e strumenti all’altezza delle aspettative. I gin di alto livello condividono tante caratteristiche: seguono procedure “sacre” della tradizione e sono quasi tutti prodotti nella stessa zona del mondo, la Gran Bretagna. Presi uno a uno sono caratterizzati anche da una certa specificità, il che li rende perfetti per alcune preparazioni ma inadatti ad altre.
Si può muovere l’asticella verso un nuovo, più alto standard? Secondo McQueen and the Violet Fog, un gin che porta il nome di un poema su una misteriosa rock band, assolutamente sì.
“Il sogno di ogni bartender”
Un gin con un gusto fortemente bilanciato, ma abbastanza complesso e versatile da poter essere usato per qualsiasi cocktail, classico o moderno che sia, con un tocco esotico. E perché no, buono anche da solo. Ma non è solo questa duttilità a rendere unico il McQueen and the Violet Fog, basti pensare al luogo e al metodo con cui viene prodotto. Come detto prima, i principali gin di alto profilo sul mercato nascono tutti nel raggio di 500 chilometri scarsi, nel Regno Unito. Il McQueen invece è prodotto a Jundiaì, città brasiliana a 60 chilometri da San Paolo. Un paradiso subtropicale abitato solo dal quindicesimo secolo, con la sua scoperta da parte degli esploratori spagnoli e portoghesi.
Macerazione e infusione
Due metodi tradizionali, quasi sempre alternativi e mai complementari, che qui vengono usati insieme, con un tocco di modernità. McQueen si serve di 21 elementi botanici scelti con cura, protagonisti in entrambe le fasi. Prima la macerazione: 15 tra erbe e spezie ricercate, di prima qualità, vengono fatte macerare in un classico alambicco per circa 24 ore, per poi passare alla distillazione. Il secondo step è l’infusione: basilico, rosmarino, semi di finocchio, pomelo, anice stellato ed acai vengono inseriti in un recipiente di rame, in infusione nel gin ottenuto con la prima fase. Il gusto leggero e delicato che nasce va a bilanciare l’intensità di quello trovato con il processo di macerazione. E il risultato è unico nel suo genere.
“Pauca sed bona”, si legge sul retro della bottiglia, letteralmente “pochi ma buoni”, dal latino. A simboleggiare la volontà di far prevalere la qualità sulla quantità, l’amore e la passione per l’artigianalità, la voglia di fissare un nuovo e più alto standard per i gin di alto livello.
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